Postati: 22 settembre 2009 at 11:30 | IP Logged
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da un'occhiata a questo:
condomini (art. 1138 codice civile, art. 844 codice civile, massima della cassazione 899
del 24 marzo 1972, e 1394 del 6 marzo 2000)
Il regolamento condominiale può essere espressamente accettato con una firma ed allora si
chiama regolamento contrattuale e può prevedere che nel proprio appartamento non si
possa introdurre alcun animale, ma è quasi impossibile che il padrone di un animale firmi
un simile patto.
L'ipotesi più frequente si verifica quando nel condominio c'è un regolamento preesistente,
che vieta il possesso di animali in genere.
Un simile divieto è illegittimo in assoluto, in quanto comporta una limitazione del diritto
di proprietà sulla porzione di condominio di proprietà esclusiva (l'appartamento, art. 1138
codice civile). Il regolamento condominiale va però approvato all'unanimità.
I motivi più frequenti che inducono a contestazioni in ambito condominiale sono: oltre a
sporcare le aree condominiali, all'abbaiare ed ululare in ore inopportune, si può verificare
il comportamento pericoloso di alcuni cani, specie se lasciati liberi senza museruola, o, più
semplicemente, la presenza di persone che non amano gli animali.
In questi cani è importante far valere i propri diritti senza farsi intimorire. La richiesta di
allontanare un animale, oltre ad essere documentata da validi motivi, deve essere
supportata da una raccolta di firme di più inquilini. I casi in cui il Giudice e l'Autorità
Sanitaria possono imporre l'allontanamento degli animali sono davvero rari e si verificano
quando ci sono comprovati motivi di ordine igienico - sanitario, o a causa di una
concentrazione eccessiva di animali in uno spazio abitativo.
Inoltre, il disturbo (l'abbaiare, il rumore delle unghie sul pavimento) e le immissioni
(odore del pelo, bisogni fisiologici) devono ritenersi illeciti solo quando la loro intensità e
la loro frequenza sono tali da causare l'insofferenza o provocare disturbi alla quiete o
malessere anche a persone di normale sopportazione, poiché ciò costituisce un uso
anormale del diritto di proprietà (sentenza Cassazione 1394 del 2000).
Nelle case in affitto, private, comunali o popolari che siano, è praticamente impossibile
vietare la detenzione di animali, a meno che il proprietario dello stabile all'atto
dell'acquisto non si sia impegnato per contratto a non consentire la presenza di animali.
Riassumendo: nel caso di una casa di proprietà, eventuali limitazioni alla presenza di
animali devono essere accettate al momento dell'acquisto, e comunque il regolamento
assembleare può essere variato con l'approvazione della maggioranza dei presenti
all'assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio.
Nel caso di una casa in affitto, il divieto di tenere animali deve essere concordato in sede
di firma del contratto.
Riguardo all'uso dell'ascensore o delle scale, considerate "parti comuni" del condominio
(art. 1117 codice civile), questo non può essere menomate dal regolamento. Sono
sanzionabili però quelle condotte che provocano il deterioramento, la distruzione, o che
deturpano o imbrattano cose mobili o immobili altrui (art. 635 e 639 codice penale) (fonte
Lav) .
In alcuni casi si arriva addirittura alla minaccia di avvelenamento di un animale
domestico: è necessario allora presentare una denuncia - querela nei confronti dei
responsabili della minaccia alla Polizia Municipale, o alla polizia di Stato, o ai Carabinieri
o al Corpo Forestale dello Stato, configurandosi i reati di cui all'art. 638 codice penale, cioè
uccisione o danneggiamento di animali di proprietà, e quelli previsti dal Testo Unico delle
Leggi Sanitarie, che punisce la distribuzione di sostanze velenose (vedi maltrattamenti).
a : le norme del regolamento condominiale non possono in alcun modo menomare i diritti
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di proprietà e di godimento spettanti a ciascuno dei condomini nell'ambito della proprietà
esclusiva.
Sentenza della Cassazione 1394 del 6 marzo 2000 : se l'abbaiare o l'ululare disturba solo un
vicino, e non una pluralità di persone, il reato non sussiste. L'art. 659 del Codice Penale
tutela la pubblica tranquillità, ma "è necessario che i rumori siano obiettivamente idonei
ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone".
Sentenza della Pretura di Campobasso del 12 maggio 1990 : "Qualora una norma
contenuta in un regolamento condominiale vieti la detenzione di animali che possano
turbare la quiete o l'igiene della collettività, il semplice possesso di cani o di altri animali
non è sufficiente a far incorrere i condomini in questo divieto, essendo necessario che si
accerti effettivamente il pregiudizio causato alla collettività dei condomini sotto il profilo
della quiete o dell'igiene".
Massima della Cassazione n. 899 del 24 marzo 1972 : se le norme dei regolamenti
condominiali, che regolano le capacità dei condomini sulle loro proprietà esclusive, sono
precostituite dal costruttore o dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, devono
essere espressamente accettate dai condomini (nell'atto di acquisto o locazione o con atto
separato). Le norme regolamentari possono limitare il pieno esercizio del diritto di
proprietà nelle parti esclusive dei singoli condomini solo se decise dall'assemblea
all'unanimità (dei condomini, non dei presenti). E' sufficiente l'opposizione di un solo
condomino perché non possa istituirsi, ex novo, il divieto di tenere animali. Se un
proprietario di animale acquista o prende in affitto un appartamento in un edificio già
provvisto di regolamento approvato dall'assemblea condominiale, non è vincolato alle
disposizioni limitative di esso a carico delle proprietà esclusive dei singoli condomini se le
stesse limitazioni non siano state trascritte nei pubblici registri immobiliari o menzionate e
accettate negli atti di acquisto o di locazione.
art. 844 Codice Civile : il proprietario di un fondo non può impedire i rumori del fondo
vicino, se non superano le normali tollerabilità. La giurisprudenza ha affermato che tale
articolo va applicato anche nei rapporti tra condomini.
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